22 novembre 2012

Il rosa e la morte.


Dai tempi antichi, nella maggior parte delle culture, la morte è associata all'oscurità, al buio. Più semplicemente, se qualcuno vi chiedesse un colore che istintivamente associate alla parola "morte", credo che direste sicuri, come me, "il nero!".
Il colore associato alla morte di A.S. però è un altro, è il rosa. Perchè rosa era il colore dei suoi pantaloni. Per cui lo prendevano in giro. Per cui lo insultavano. Rosa il colore della sua maglietta. Motivo sufficiente per quelli che indossavano magliette nere o verdi o blu per tormentarlo, per deriderlo a scuola e su Internet. Chi ha quindici anni lo sa meglio di tutti: le battute possono ferire, meglio non esagerare. In questo particolare caso però era un omosessuale la parte offesa e, avranno pensato, "chissenefrega di un frocio del cazzo?". E poi siamo in Italia, chi se ne frega di un frocio del cazzo in Italia? Chi se ne frega di un ragazzo omosessuale di 15 anni che si è ammazzato impiccandosi con una sciarpa, perchè non ce la faceva più a essere chiamato proprio "frocio del cazzo" e che voleva essere soltanto un ragazzo qualunque come qualunque altro ragazzo? Siamo in Italia, il Paese in cui, mentre tre Stati USA dicono sì al matrimonio gay, mentre in Spagna la Corte Costituzionale approva la costituzionalità dei matrimoni omosex, mentre in Francia si approva una nuova legge in materia, viene bocciata da PdL, Lega e UdC in Commissione Giustizia una sacrosanta proposta di legge anti-omofobia.
In Italia, "il ragazzo dai pantaloni rosa" non sarà mai niente più che un "frocio del cazzo". E se si suicida perchè tra queste virgolette non vuole più starci, chissenefrega.

Giovanni Ugo

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