13 dicembre 2011

Piazza Fontana - Per non dimenticare la sconfitta di uno Stato.


17 morti e 88 feriti sono numeri immensi e sostantivi dolorosissimi. Ma non bastano da soli a descrivere uno dei momenti credo fra i più terribili nella storia del nostro Paese. E al dolore umano per l'attentato, per l'attacco violento alla civiltà e alla vita, per la distruzione più terrificante ed estrema della bomba, si aggiunge quello per uno Stato che si è dimostrato complice. Complice, quello stesso Stato che avrebbe dovuto orgogliosamente rialzarsi assieme ai suoi cittadini e cominciare a ricostruire, si è invece strascicato in depistaggi, processi e processi che non hanno portato a nulla, falsità, ipocrisie, bugie su bugie che, pensavano, sarebbero andate a coprire la cancrena di quella parte dello Stato la cui civile onestà era andata via via ad assotigliarsi fino a scomparire e lasciare il suo posto ad un'inutile, crudele violenza distruttiva. Forse oltre ai morti, alla bella Piazza poi ricoperta di corpi e detriti, è stato questo l'elemento che ha creato più dolore: uno Stato omertoso, irrispettoso pure dei morti. Il comportamento mafioso dello Stato italiano si è rivelato nel suo aspetto più ecclatante nelle indagini, nei processi, nelle dichiarazioni successive alla strage. E in questa storia l'offesa più grande alla verità e alla civiltà è venuta proprio da chi invece avrebbe invece dovuto difenderla ad ogni costo, contro nemici quali bombe e proiettili e contro nemici quali depistaggi e omertà. 
E questo fa male. Anche oggi.

Giovanni Ugo

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